Il massacro. L’orrore nazista raccontato in un’immagine, W. Lower, Rizzoli, 2021

Non è facile, nel 2021, pubblicare un libro davvero originale sulla Shoah, ma Wendy Lower c’è riuscita, a partire da una fotografia. L’immagine in questione fu scattata a Miropol, in Ucraina, il 13 ottobre 1941. Raffigura un’esecuzione: una donna e un bambino nell’attimo stesso in cui vengono uccisi, nella prima fase della soluzione finale, condotta esclusivamente per mezzo di fucilazioni di massa. In un primo tempo, nei mesi di giugno e luglio 1941, le unità speciali della polizia tedesca incaricate di eliminare «la classe dirigente giudaico-bolscevica» si accanirono solo contro i maschi adulti. Dal settembre 1941, invece, le esecuzioni non conobbero più differenze dovute al genere o all’età, cioè coinvolsero anche donne, bambini e anziani.
Wendy Lower è una ricercatrice americana che lavora allo United States Holocaust Memorial Museum di Washington. Entrò casualmente in possesso della fotografia che sta al centro del suo libro nel 2009, dopo che l’immagine era emersa dagli archivi della polizia politica cecoslovacca.
La foto la colpì per varie ragioni, o meglio per il fatto che solleva numerosi e inquietanti interrogativi:
Non è affatto frequente che un’immagine testimoni un omicidio, nel momento stesso in cui viene commesso. Chi aveva potuto scattare quell’immagine affatto particolare? Dove e quando si è verificato l’evento che l’immagine testimonia con drammatica nitidezza?
I carnefici sono quattro, due tedeschi e due ucraini. Chi erano?
Ad essere uccisi sono una donna e un bambino. Qual era la loro identità? È possibile (per lo meno) ridare un nome e un volto alle vittime? 
Solo alcuni, dei numerosi interrogativi che Wendy Lower si è posta, hanno trovato adeguata soluzione, dopo un’indagine minuziosa e paziente, che ha ricreato una vera e propria microstoria
Non fu difficile scoprire la località nei pressi della quale fu condotto l’eccidio: Miropol, come già abbiamo detto, in Ucraina, nel cuore della Zona di residenza, in cui la zarina Caterina aveva imposto agli ebrei di vivere, senza possibilità (almeno in teoria) di spostarsi legalmente nelle grandi città della Russia vera e propria. Fino al 1941, in quest’area contigua alla Polonia viveva la più importante e vivace comunità ebraica del mondo, spazzata via dalla «soluzione finale» con la sua lingua e la sua cultura antica di secoli. 
Più complessi da individuare il luogo esatto e il giorno preciso; a Miropol, infatti, furono uccisi 960 ebrei, in almeno due diverse esecuzioni: il 13 ottobre 1941 e il 16 febbraio 1942. Di tutti questi ebrei di Miropol, sopravvisse solo una donna, Ludmila Blekmann. 
Le indagini sul posto furono condotte insieme ai ricercatori dell’associazione Yahad in Unum, sorta dopo che il sacerdote francese Patrick Desbois aveva iniziato a raccogliere testimonianze di persone (ucraine, di solito) che all’epoca erano giovani o bambini, ma ricordavano moltissimi dettagli importanti, che permisero di trovare numerose fosse comuni ancora sconosciute e di ricostruirne la storia.
La fotografia fu scattata da una macchina Zeiss Ikon Contax, un modello di ottima qualità che fu messo in commercio a partire dal 1933. Il fotografo era un militare slovacco, Lubomir Skrovina, che agì con la precisa volontà di documentare un crimine che lo disgustava. L’immagine dell’esecuzione fu scattata a breve distanza per il fatto che Skrovina, in quanto soldato slovacco, era ufficialmente un alleato degli assassini, che non ebbero alcun problema a mostrarsi all’opera al suo cospetto (la foto, per altro, presenta sullo sfondo un altro spettatore, un civile, non identificato). Per quanto non autorizzato, il fotografo riuscì ad eseguire altri quattro scatti: due documentano altre esecuzioni, uno raffigura la fossa comune, mentre l’ultimo presenta varie persone uccise lungo il tragitto che conduceva dal villaggio al luogo dell’esecuzione. Dopo la guerra, le autorità comuniste indagarono sul passato di tutti i soldati slovacchi che avevano partecipato all’invasione dell’URSS; fu in quella circostanza che Skrovina dovette consegnare le sue foto, rimaste negli archivi della polizia fino al crollo del regime comunista.
Chi sono gli assassini? E che cosa ci racconta, la foto scattata da Skrovina il 13 ottobre 1941? Il primo dato interessante riguarda il fatto che i due tedeschi non sono né SS né soldati della Wehrmacht, bensì doganieri, guardie di frontiera con funzioni di lotta al contrabbando. La loro partecipazione al massacro di Miropol fu del tutto volontaria, fu una libera scelta: il che permette di ribadire ancora una volta fino a che punto fosse diventata universale, l’adesione all’ideologia nazista e al suo antisemitismo radicale e genocida. Quanto agli ucraini, la fotografia ha permesso di ricostruire che l’esecuzione fu preceduta da un pogrom feroce, condotto contro le famiglie ebree di Miropol, derubate e umiliate in qualsiasi modo possibile, prima dell’esecuzione di massa, condotta da miliziani ucraini con zelo e con passione, non certo controvoglia o dietro minaccia degli invasori tedeschi.

F.M.F.

 

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